Nessuno di noi l’aveva previsto, nessuno aveva pensato di ritrovarsi in una scena di un film apocalittico eppure è arrivata, impietosa e spietata: la pandemia. Ha stravolto tutto. Quarantena, zone rosse, lockdown: tutto sospeso, tutti chiusi in una bolla, inermi. E adesso? Eh, bella domanda. Che “fare”? Già, che fare quando tutto è immobile ma il tuo lavoro è proprio lì, nel f-a-r-e, un lavoro come il mio, per esempio. In quel momento ho capito che il nuovo progetto che dovevo portare a termine come Execution Manager era proprio questo: prendere questo tempo sospeso, analizzarlo, capirlo e renderlo un nuovo modello di sviluppo del business per me e per i miei clienti.
E ho avuto la fortuna, gestendo progetti legati al settore energia che non si è mai fermato, di poter applicare questo approccio sin da subito. Ho “fatto”, ridefinendo le priorità e i punti strategici più rilevanti in base alle nuove condizioni. Perché, quando ti occupi di execution, devi saper trasformare una crisi in un’opportunità, non puoi farti bloccare, non puoi restare fermo perché devi portare a termine quello che, prima del tuo arrivo, era solo un’idea, un sogno. Così ho messo al centro il team, persone spaventate, come tutti, da un virus di cui non si sapeva quasi nulla, chiamate a continuare il loro lavoro perché utile al Paese e a tutti noi. Sì, perché non per tutti l’opzione smart-working era fattibile e, quindi, non può essere la soluzione all’emergenza. E io dovevo trovare una soluzione là dove non era prevista occupandomi di chi non poteva lavorare da casa, dovevo tenere alto il loro morale perché non erano gli sfigati, no, loro erano e sono gli indispensabili. Loro erano la chiave per il buon esito del progetto ed era mia responsabilità garantirgli non solo il sostegno umano ma anche la sicurezza sanitaria.
Ma, in questa emergenza, non c’è solo il volto di chi non si ferma perché deve: ci sono anche le facce di chi è finito in quella bolla sospesa perché è un libero professionista o manda avanti attività che si sono dovute fermare del tutto perché rientrano nel settore del turismo, della cultura, della ristorazione o del commercio. Quale può essere la risposta alle loro fragilità? Quali soluzioni concrete devo trovare per loro? L’execution, nel loro caso, diventa previsione di quello che può essere utile per ripartire dopo il fermo delle attività, diventa saper immaginare prima di tutti quelli che saranno i nuovi standard da seguire per costruirci su un nuovo sistema di business perché, per queste persone, il “progetto” è l’attività produttiva che portano avanti ogni giorno.
Così, il trovarmi davanti a queste nuove domande e problematiche legate a diversi settori della nostra economia, ha fatto sì che mi apparisse chiaro quello che è il mio ruolo di Execution Manager: fare, anche da fermi, anche durante le crisi. Fare per reagire e andare avanti.