Intervista a Giorgio Ferrari, Innovation Designer
La fase di lockdown che abbiamo appena superato ci ha imposto di rivedere e ripensare i nostri modelli di business per poter sopravvivere. Un cambiamento così repentino del tessuto economico-sociale necessita di soluzioni creative e strutturali che sappiano affrontare la crisi con quel pragmatismo visionario che sa guardare al futuro costruendolo. Ed è quello che fa Giorgio Ferrari che, come Innovation Designer, guida le imprese attraverso un processo di innovazione in grado di creare nuovi modelli di business che sanno rispondere, positivamente, alle criticità o ai cambiamenti.
Alla fine di questa intervista, ho riassunto le quattro lezioni di execution valide per PMI, industrie e startup che vogliono affrontare e superare questo complesso periodo di emergenza.
Di cosa ti occupi?
Mi definisco Innovation Designer che, di fatto, significa occuparsi della creazione e della gestione dei processi di innovazione all’interno delle organizzazioni. In pratica, vuol dire saper immaginare e costruire delle alternative di business in modo agile e veloce, seguendo il ritmo di evoluzione dinamica che il mondo ci sta offrendo adattando le organizzazioni ai continui cambiamenti di contesto, come quello che stiamo vivendo proprio ora. Spesso riconduciamo il concetto di innovazione alla sola tecnologia. In realtà, questa forma di innovazione è un’innovazione di business, in grado di generare impatti positivi rilevanti all’interno dei contesti futuri dando vita a nuove forme di business che comprendono prodotti e servizi creando nuove forme di ricavo. Tutto questo prende il nome di Business Innovation: l’innovazione applicata al business. Io mi occupo, appunto, di guidare le organizzazioni, che siano startup o aziende strutturate, attraverso un percorso di costruzione dei processi di innovazione del business rendendoli stabili e sistematici.
Mi racconti il tuo percorso professionale?
Premetto che nasco come ingegnere gestionale. Passati i primi anni nelle società di consulenza tradizionali, – quelle grandi e strutturate che formano manager, per intenderci -, ho deciso, un po’ per noia, di passare ad un mondo diverso, un mondo nuovo, lontano da quello tradizionale. Così ho iniziato ad occuparmi di startup facendo la mia prima esperienza, nel 2014, all’interno di una piattaforma di crowdfunding. Oggi è diventata Mamacrowd mentre, all’epoca, la parola crowdfunding non esisteva ancora. Al mio arrivo era, appunto, una piattaforma per fare incontrare investitori e nuove idee di business. Oggi, invece, il crowdfunding è assolutamente conosciuto, ha varie forme e probabilmente sarà fondamentale nella ripartenza dopo questa fase molto critica, perché di fatto significa poter dare ossigeno per favorire la ripresa e la crescita delle aziende, delle startup e delle organizzazioni che effettivamente vogliono implementare l’innovazione.
Mi racconti il processo di Business Design?
Il processo si basa su tre pilastri, che, a livello di approccio, richiedono l’intervento del Business Design, ovvero di tutte quelle regole del design applicabili ai concetti di business. Entra in gioco un aspetto di metodo vero e proprio che, di fatto, è un metodo che parte da un concetto di perimetro di innovazione che implica la definizione di quelli che in azienda sono i vincoli di innovazione, quelli all’interno dei quali voglio stare. Successivamente, redigo una mappa della situazione attuale dell’azienda per capire effettivamente dove posso spingermi e con quale potenzialità. Qui inizia una fase di innovazione-ideazione vera e propria: partono i brainstorming strutturati dai quali emergono nuove idee e nuove soluzioni. Queste nuove idee e nuove soluzioni, opportunamente selezionate, diventano modelli di business, quindi, si passa da un’idea a una idea di business, perché tutte le idee devono avere un risvolto del business. Dopodiché, una volta che ho mappato il modello di business, costruisco i prototipi di business: qui arriva in soccorso il design che mi permette di dare una forma ai modelli in modo tale che questi possano essere direttamente testati mentre il mercato è ancora in forma embrionale. In pratica, non sto vendendo la mia soluzione, ma sto cercando di capire direttamente dal mercato se questa soluzione è effettivamente ciò che il mercato stesso si aspetta. Una volta che, attraverso questo processo interattivo, riesco a capire e tradurre tutte le ipotesi in fatti, sono pronto per la fase di implementazione il che vuol dire che sono riuscito a generare valore creando un nuovo modello di business validato direttamente dal mercato.
Perché inserire il Business Design nei processi di innovazione? Perché questa parola design? Innovazione si può fare in tanti modi.
Perché il design garantisce un assoluto approccio alla prototipazione, che significa un test rapido senza arrivare per forza subito a un prodotto finito, anzi, questo prodotto lo posso riadattare sulla base dei feedback di mercato. Il design ci consente di essere sintetici, allineati e sinottici. Noi, ormai, ci ricordiamo immagini e non parole.
In che modo la tua attività permette la successiva fase di execution o implementazione?
L’Innovation Design si potrebbe definire come il riscaldamento della fase di execution. Nel senso che, questa prima parte di validazione delle nuove idee sul mercato ci consente, sicuramente, di raddrizzare la rotta prima di avere un prodotto finito e, quindi, prima di passare all’esecuzione. Quindi, mi vien da dire, che l’execution ne trae dei benefici tangibili perché si va a ridurre il rischio di fallimento visto che, parte di quei rischi, io li anticipo in fase di validazione. Questo vuol dire ridurre notevolmente il rischio di perdere soldi nella fase di execution rendendo molto più precisa la gestione del budget perché ho già validato quelle che sono le ipotesi del mio progetto, della mia idea o del mio nuovo business. Quindi, sicuramente la parte relativa all’execution avrà una forte facilitazione perché avremo avrà meno incognite.
Come ha influito l’emergenza sanitaria con la tua attività?
Io definisco questa fase, una fase assolutamente di transizione dove evidentemente l’innovazione ha un ruolo secondario, ad oggi. Oggi le aziende hanno necessità di ossigeno per sopravvivere, non di costruzione di un futuro, ma questo si verificherà poco dopo questa fase iniziale di crisi perché sarà quando ritorneremo alla normalità che non dovrò più spiegare, – lo dico ironizzando -, cosa significa incertezza di contesto. Questo sarà possibile perché avremo vissuto un cambiamento così radicale nel nostro business, che sarà implicita la conoscenza del concetto di incertezza che, di fatto, si sta verificando comunque da qualche anno. Questa è stata semplicemente un’esplicitazione. Quindi, sicuramente le aziende avranno bisogno di ripensarsi, ripensarsi in modo agile perché questa recente esperienza ci ha mostrato come il contesto sia cambiato in pochi giorni. E questa è solo la punta dell’iceberg. Qui entra in gioco il Business Design che è assolutamente la soluzione più efficace da applicare anche perché è in grado di supportarli nella gestione di quel processo di digitalizzazione che questa contingenza ha assolutamente accelerato. È stata una necessità, non un vezzo. Tendenzialmente, purtroppo, l’innovazione è ancora vista come un vezzo.
L’emergenza coronavirus ha richiesto alle nostre vite un adattamento rapido. Il digitale si è inserito velocemente all’interno della nostra quotidianità. Nel prossimo futuro molti settori avranno necessità di rivedere i propri modelli di business. Quale sarà il ruolo del digitale?
Il digitale, per me, è sempre un grandissimo strumento: non è mai un fine di un business, ma è un potentissimo strumento e, a mio avviso, avrà tre derivazioni molto importanti. Sicuramente abbiamo scoperto come il digitale può essere molto utile in processi di profilazione di marketing dei nostri clienti, quindi, abbiamo capito come poter reperire, grazie agli strumenti digitali, tantissime informazioni relative al nostro mercato di riferimento che è effettivamente quello che guida tutte le innovazioni: per questo dovremo mettere in atto tutte le innovazioni in modo che siano cliente e mercato-centriche. Sicuramente è uno strumento che ha dimostrato una grande efficienza in termini di collaboration. Possiamo addirittura riprodurre lavagne di workshop dal punto di vista digitale, quindi, siamo arrivati a una massima espressione della digitalizzazione. E sicuramente, come accennavo prima, sarà un forte strumento di ingaggio delle nostre community, che probabilmente saranno una delle basi forti della nostra innovazione: grazie a loro potremmo addirittura raccogliere capitali il che ci riporta a quanto dicevo prima sul crowdfunding e sulla possibilità che diventi una delle soluzioni per poter spostare capitali positivi e riavviare quella che è la macchina del nostro futuro.
Utilizzare il lockdown per rivedere il proprio modello di business. Come adattare il digital all’evoluzione di settori prettamente off-line? Tra i settori più interessati da una fase 2 ci sarà quello della ristorazione, una pizzeria ad esempio come può rivedere il proprio modello di business introducendo il digital?
Sicuramente l’aspetto di marketing e di branding avrà una assoluta rilevanza, e questo è il primo punto dove il digitale può essere molto utile. Il secondo punto, come dicevo prima, è il processo di costruzione di community: una volta che noi costruiamo la community e rendiamo la community appartenente ad un brand, che può essere il brand nostro di un locale o di un ristorante, questa community può darci direttamente gli spunti sui quali lavorare, anche dal punto di vista digitale. Non dimentichiamo che abbiamo avuto una forte accelerazione anche del comportamento di acquisto digitale: abbiamo fatto tutti la spesa online, abbiamo acquistato qualcosa anche dai piccoli esercenti come, per esempio, ci è capitato magari di acquistare la singola bottiglia di vino dalla singola enoteca, la cena dal singolo ristorante. Questo perché comunque c’è stato un meccanismo di affiliazione molto forte e abbiamo ripreso un po’ in mano gli aspetti anche di local che abbiamo magari dimenticato con questa massificazione dettata dai grandi centri di aggregazione che siano commerciali e non. Quindi, sicuramente l’aspetto della community online sarà un grande punto di raccolta di input e di idee considerando anche che questa forte accelerazione digitale ha dato una spinta e una fiducia all’acquisto online che, fino a poco tempo fa, non era ben visto in Italia.
Quello che è successo ha richiesto alle aziende la necessità di rivedere molto velocemente il proprio modello di business e nel prossimo futuro questa sarà una caratteristica sempre più necessaria, quali sono le caratteristiche che rendono aziende e modelli di business i più facilmente rivendibili, modificabili o aggiornabili?
Noi veniamo da un trentennio, di pianificazione spinta dove costruivamo piani industriali a 10 anni, poi a 7 anni, poi a 5 anni, poi a 3 anni. Oggi il nostro piano industriale assomiglia a un budget con una pianificazione sul singolo anno quindi di un anno. Sicuramente l’aspetto che caratterizzerà i modelli di business del futuro, sarà assolutamente la fluidità. Quindi, la fluidità di nuovi modelli ovvero, modelli che avranno la caratteristica di adattabilità a contesti che mutano velocemente, anche in pochi giorni. Modelli che dovranno essere assolutamente integrabili, quindi pensare a modelli modulari, componibili come se fossero dei LEGO. Modelli scomponibili e assolutamente progressivi rispetto a quella che è la richiesta del cliente, quindi, per fare un esempio che prende spunto dal mondo della ristorazione, non venderemo più la cena. Cominceremo col vendere l’antipasto, poi il primo, poi il secondo, poi il dolce e poi il caffè. In modo tale che, se il nostro cliente è interessato solo al primo, potrà acquistare solo il primo. E così svilupperemo modelli di business facilmente attuabili. Questo significa non pensare a modelli che debbano durare nel loro ciclo di vita anni, ma a modelli che possono durare anche mesi. Noi probabilmente assisteremo a molte fasi, molteplici fasi, anche 5 o 6, nei prossimi due anni. Quindi, non possiamo pensare di rispondere ad un mutamento di così tante fasi con un unico modello di business stabile e ripetibile. Dovremo pensare a modelli scomponibili e componibili sulla base dei cambiamenti rapidi che avverranno.
Quindi prevedi continue fasi di check.
Assolutamente sì! E quindi, dovremo accorciare appositamente i cicli di vita dei modelli di business, non lasciandoli per forza in mano alla morte fisiologica di un prodotto, ma riuscendo a riadattarli e a reagire velocemente con assemblamenti di prodotti e servizi di sistemi, quindi, di unioni di componenti di servizio diverse e così via.
Le 4 lezioni di execution management che possiamo imparare da Giorgio Ferrari
Innovazione e reinvenzione: questo approccio che Giorgio Ferrari applica nel suo lavoro è uno degli aspetti chiave dell’execution. Nel suo modo di approcciarci ai contesti di business, ricostruendoli, ho ritrovato molto di quello che faccio, quotidianamente, per i miei clienti. Soprattutto in questa fase di post-emergenza. Ho pensato di sintetizzarli in 4 punti chiave che vi riporto qui di seguito:
- Essere un Innovation Designer vuol dire saper immaginare e costruire alternative di business in modo agile e veloce, seguendo il ritmo di evoluzione dinamica che il mondo ci offre, adattando le organizzazioni ai continui cambiamenti di contesto.
- La validazione delle nuove idee sul mercato ci consente di raddrizzare la rotta prima di avere un prodotto finito e, quindi, prima di passare all’execution. Avrò già validato le ipotesi dell’idea, il progetto o il nuovo business senza correre rischi inutili.
- L’aspetto che caratterizzerà i modelli di business del futuro sarà la fluidità, ovvero modelli che avranno la caratteristica di adattabilità a contesti che mutano velocemente, anche in pochi giorni.
- Il ruolo del digitale? Uno strumento potentissimo con 3 derivazioni importanti:
– innovazioni mercato-centriche grazie alla profilazione dei dati;
– collaboration, ovvero la possibilità di condurre workshop interagendo;
– creazione di community, base della strategia digitale.